essendo la premiazione domani, ed essendo che non ho ricevuto richiesta di convocazione, sapendo già che il vincitore del primo premio non sono io, inizio a sospettare di non essermi nemmeno qualificato per i premi di consolazione non mi resta altro da fare che pubblicare il racconto e va bene lo stesso.
Ricordo a tutti che il titolo era fisso "La stanza della Duchessa" e che nel racconto era necessario inserire il concetto di "scarpa"
Ho fatto del mio meglio. e tanto mi basta.
La stanza della duchessa
La scarpa mancante
Era in visita con la scuola, quel giorno, il solito museo palloso, la solita visita guidata, i soliti compagni noiosi e bacchettoni, i professori impiccioni e le guide scazzate. Tutto secondo le regole.
"Non si parla così!" gli avrebbe urlato dietro con tanto di scappellotto quell'altra impicciona di sua madre. Madre.. Matrigna!
Suo Padre non aveva potuto farne a meno. Aveva dovuto risposarsi per forza, non aveva sopportato la solitudine e la responsabilità di crescere una figlia tredicenne da solo. Con quell'arpia tinta e siliconata oltre tutto, che aveva preteso di essere chiamata mamma e tutto il resto, ma Bea l'aveva capito subito come prenderla, ed anche se il padre il più delle volte non partecipava nemmeno alle loro discussioni (non l'aveva mia fatto prima, perché farlo ora) sapeva che prima o poi ne sarebbe uscita vincitrice. O quantomeno uscita. Non mancava poi molto all'università. Se ne sarebbe andata da quella casa il prima possibile.
Ora, Bea, di anni ne aveva 16 ed il suo stile dark era una naturale propaggine dell'oscurità della propria anima e dei propri pensieri. La scuola sarebbe ancora durata a lungo, troppo, farsi bocciare due volte non era stata poi una grandissima idea, ed anche se l'arpia stava iniziando a dare i primi cenni di cedimento, sembrava invecchiata di 10 anni, a lei non faceva più nemmeno piacere farla incazzare continuamente.
Sembrava che si fosse resa all'inevitabile sconfitta (come aveva fatto suo padre) ed anche tornare a casa ubriaca o strafatta di canne oramai non faceva altro che farle scrollare la testa con aria sconfortata e sconfitta. Bea gioiva della situazione, ma oramai anche lei non si divertiva più, tanto che oramai faceva finta di bere e fumare solo per farla arrabbiare, mentre in realtà aveva smesso.
Anche il suo abbigliamento, il suo stile, che all'inizio l'avevano fatta tanto infuriare oramai veniva appena commentato, ma non poteva mollare. Doveva tenere duro ancora per qualche anno, poi se ne sarebbe andata, ed avrebbe vinto. Oltretutto aveva scoperto nuove forma di intrattenimento chimico, ed era comunque curiosa di sondare profondamente l'argomento pasticche.
Durante la visita di quel giorno s'imbatté in una (quasi) piacevole novità. Un'installazione multimediale interessante che narrava la storia di una principessa rinascimentale che nonostante la necessità di crescere troppo in fretta riuscì a risplendere come la più splendente delle stelle. Si ritrovò suo malgrado a seguire le parole della guida con maggiore attenzione, e quando tutto il resto della classe continuò il giro verso altre stanze lei rimase indietro, meravigliata ed incantata, ad osservare sugli schermi la storia della giovane duchessa.
L'animo romantico nascosto sotto le borchie la pelle ed il trucco pesante, visto che ora era sola, si scatenò come non mai… o forse erano le pasticche. Quella mattina, sul bus che li portava li, seduta insieme ai suoi amici meno raccomandabili, qualcuno aveva iniziato a distribuire delle paste gialle e rosse.
A parte l'ovvia battuta a sfondo calcistico lei aveva fatto come tutti ingollando il bottone in un sol colpo, come ci si aspettava che facesse. Nastro, il suo amico e pusher di fiducia, gli aveva detto che era roba a rilascio lento, che avrebbe fatto effetto gradualmente… e fino a quel momento era convinto che gli avesse rifilato una pasticca per la gola spacciandola per chissà cosa. Ora invece quello che vedeva iniziava a farle sospettare che un qualche effetto invece lo stesse subendo.
Nella grande sala dal soffitto a cassettoni intarsiati e smaltati oro avanzava verso di lei una ragazza vestita da principessa delle fiabe.
I capelli raccolti a coprire le orecchie sembravano un poco buffi, ma l'andatura e lo sguardo fiero della principessa (per lei questo era) erano di un magnetismo e di una magnificenza tali che lei ne rimase incantata ed ipnotizzata. La dama indossava un filo di perle nere, una sottile striscia di stoffa le incorniciava la fronte, ed un abito rosso e verde dalla larga, ma non troppo profonda scollatura erano incorniciate dalle spalline a sbuffo, un corpetto stretto in vita ed una lunga e fluente gonna.
Ai piedi la principessa portava una scarpa sola.
Lo sguardo dell'apparizione vagava curioso ed attento di fronte a lei e passando accanto alla sbalordita Bea quasi non la degnò di uno sguardo.
Bea semplicemente la osservava venirle incontro e poi superarla a bocca aperta. Lo sguardo stupito da tanta magnificenza ed eleganza.
L'apparizione, superata la giovane di qualche altro passo elegante, si fermò e girò un poco la testa verso di lei facendole appena un cenno impercettibile e facendo spuntare un piede nudo da sotto la grande gonna. L'invito era chiaro.
"Aiutami a trovare l'altra scarpa" sentì chiaramente Bea bella propria testa anche se l'apparizione non aveva mosso minimamente le labbra.
Bea iniziò a seguirla cercando con lo sguardo il ogni angolo una scarpa uguale all'altra indossata dalla nobildonna ma ad ogni passo, quando il piede calzato spuntava dalla gonna, la scarpa che ne spuntava era sempre differente.
Una volta rossa, un'altra nera, una volta con la punta tonda, un'altra appuntita, col punta verso l'alto o davanti… Bea si ritrovò a camminare con lo sguardo fisso verso il basso, non cercava più nulla, restando incredula di fronte alle "trasformazioni" della scarpa.
Vide anche scarpe dal taglio decisamente più moderno compreso un paio di Dr Martens Blu scuro, una ballerina rosa con tanto di nastro adesivo ed paio di quelle che le sembrarono Manolo Blahnik originali di un fantastico verde smeraldo. Vide anche una ciabatta marrone come quelle che indossava sempre suo padre.
Sentendo una risata squillante girò il volto verso la nobildonna e vedendola sorridere divertita, invece di fare come avrebbe fatto normalmente, ovvero sentirti sfottuta e presa per il culo, sorrise. Capì che era solo un piccolo scherzo. Una burla divertente.
Abbassando nuovamente gli occhi verso il basso, aspettandosi di vedere nuove scarpe non capì subito cosa i suoi occhi le stavano mostrando.
Camminando seguendo l'apparizione era tornata indietro sui suoi passi, tornando alla grande scala nell'atrio del grande palazzo. Se lo ricordava appena, tanto poco era interessata, ma ora quel poco che ricordava le balzò subito in mente. Ricordava che per salire al piano di sopra la scala faceva per ben due volte il giro su se stessa ed ora lei, chissà come, si ritrovava ad osservare il terrificante vuoto di marmo bianco di fronte a lei.
La gamba già tesa a fare il passo.
Voltando, ora spaventata, lo sguardo sulla principessa ora vide che la guardava apertamente, con un'espressione vagamente triste, quasi compassionevole. La testa inclinata verso destra.
La dama fece spallucce, gesto che riuscì a farla sembrare più giovane, quasi infantile e poi, mentre Bea terminava il suo ultimo passo, inizio a voltarsi.
Troppo stupita per fare altro Bea spalancò la bocca e iniziò ad urlare...
...per svegliarsi bruscamente seduta sul bus, accanto aveva i suoi compagni di scuola, quelli meno raccomandabili, che ridevano di lei. S'era addormentata ed aveva sognato.
Topo , il pusher del suo piano, le offrì una pasticca gialla e rossa.
"No grazie" disse Bea alzandosi ed andando a sedersi parecchie file più avanti, in un sedile vuoto.
Non si spinse ad andare nei primi posti, ma non si sedette mai più in coda al bus.
Ma non buttò mai i Dr Martens.
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